Sapersi difendere per non doversi difendere
Sulla situazione dell’Esercito svizzero dopo la svolta epocale.
Testo: Comandante di corpo Thomas Süssli, Capo dell'esercito
Il nostro esercito oggi
La rinuncia alla difesa nazionale come punto di svolta
Il 16 dicembre 2003, presso lo stadio del ghiaccio di Berna, ha avuto luogo l’evento inaugurale di Esercito XXI. Durante la cerimonia, l’allora consigliere federale Samuel Schmid ha consegnato simbolicamente il gagliardetto personale del generale Henri Guisan al comandante di corpo Christophe Keckeis, primo alto ufficiale ad assumere la funzione di «capo dell’esercito».
A posteriori, la riforma Esercito XXI del 2004 ha rappresentato un punto di svolta nella storia dell’Esercito svizzero: per la prima volta, il compito fondamentale dell’esercito non era più la difesa, ma principalmente l’appoggio alle autorità civili. In altre parole, l’esercito si è concentrato sugli impieghi ritenuti più probabili in quel momento. Con Esercito XXI, la difesa nazionale doveva essere mantenuta solo come competenza.
Il concetto secondo cui l’esercito è stato orientato, «sicurezza attraverso la cooperazione», era il motto alla base del Rapporto sulla politica di sicurezza 2000, che implicava una collaborazione interna per scongiurare i pericoli e le minacce alla sicurezza interna nonché una cooperazione esterna per fornire un contributo alla sicurezza internazionale.
L’esercito ha adempiuto i compiti che la politica gli ha assegnato
Da allora l’esercito ha adempiuto i suoi compiti. Nel corso di innumerevoli impieghi in servizio d’appoggio, ha fornito supporto alle autorità civili nella protezione di conferenze e ambasciate, nella gestione dei flussi migratori nonché della pandemia di COVID-19. In caso di eventi atmosferici, ha fornito aiuto spontaneo, ha evacuato persone in poche ore o giorni, ha costruito ponti d’emergenza ed eliminato i danni con macchinari pesanti. In occasione di varie manifestazioni sportive di importanza nazionale ha fornito un’ampia gamma di prestazioni d’appoggio. Tutti gli impieghi e tutte le prestazioni sono stati prestati senza grandi contrattempi e con piena soddisfazione dei rispettivi committenti.
Anno dopo anno, circa 400 militari volontari adempiono il terzo compito dell’esercito, il promovimento militare della pace, fornendo un contributo riconosciuto a livello internazionale alla stabilità nei Balcani, in Africa o come osservatori militari delle Nazioni Unite in tutto il mondo.
La difesa è stata mantenuta come competenza
Negli ultimi anni, la difesa è stata oggetto di istruzioni e di allenamenti sia nell’ambito dell’Istruzione superiore dei quadri dell’esercito sia nelle scuole reclute e nei corsi di ripetizione. Ma è soltanto con la pubblicazione del «libro nero» nell’agosto del 2023 che, in seno all’esercito, si è tornati a focalizzare l’attenzione sulla difesa. Da allora si sono svolti nuovamente grandi esercizi di truppa tra la popolazione svizzera e, di recente, anche all’estero. Le Forze aeree hanno dato prova della loro capacità di decentralizzazione effettuando decolli e atterraggi sull’autostrada A1.
Questi esercizi dimostrano che la competenza in materia di difesa è stata mantenuta. L’esercitazione «TRIAS 25» ha inoltre evidenziato che la nostra componente di milizia non deve temere il confronto con gli eserciti degli altri Paesi. Come per altri eserciti, la prontezza all’impiego per la difesa potrebbe essere raggiunta dopo un’istruzione specifica all’impiego di diversi mesi.
L’istruzione militare gode di nuovo di riconoscimento da parte dell’economia
Imparare la leadership significa imparare a conoscere l’essere umano. È un atto di trasmissione intergenerazionale molto forte, poiché mette a confronto esperienze che generano un sapere vivo, agile e adattivo. Le armi fanno parte dell’equipaggiamento di ogni militare, ma la più bella e la più efficace è senza dubbio la leadership. Sono orgoglioso della lunga storia di collaborazione che unisce l’Esercito svizzero e le FFS. Insieme contribuiamo a creare legami e a farli prosperare nel nostro Paese.
Gli anni di austerità hanno lasciato profonde cicatrici in termini di equipaggiamento
Nella percezione pubblica, questi successi mascherano le reali condizioni materiali dell’esercito. Dalla fine della Guerra Fredda le spese per l’esercito rispetto al bilancio della Confederazione sono diminuite costantemente passando da circa il 16 al sei percento. Allo stesso tempo, sono state attuate massicce misure di risparmio nell’esercito. Stime prudenti ipotizzano un dividendo della pace di oltre 40 miliardi di franchi, mentre la NZZ parla addirittura di circa 140 miliardi di franchi.
Qualunque sia la cifra esatta, le conseguenze sono di vasta portata. La logistica di guerra ha lasciato il posto a una logistica organizzata secondo i principi di economia aziendale. Il materiale sta diventando sempre più obsoleto e, quindi, più costoso in termini di manutenzione. Alcuni sistemi, come l’obice blindato M109 e il carro armato granatieri M113, sono stati mantenuti solo per non perdere completamente l’artiglieria. Sia il vantaggio militare di questi sistemi che il consenso da parte della truppa sono molto scarsi. Per motivi finanziari, non sono ancora stati sostituiti.
Con i nuovi acquisti non è stato possibile equipaggiare completamente tutte le formazioni. Pertanto solo un terzo dei corpi di truppa può essere completamente equipaggiato per la difesa. Le attuali scorte di munizioni sono destinate all’istruzione. Le considerazioni precedenti sono alla base dell’affermazione secondo cui la Svizzera, a seconda dell’avversario e della situazione, sarebbe in grado di difendersi solo per alcune settimane.
Le impasse finanziarie limitano la capacità di difesa
L’esercito si trova oggi ad affrontare tre sfide di natura finanziaria. In primo luogo, i costi d’esercizio stanno aumentando a causa dell’invecchiamento dei sistemi e della crescita del loro numero. Allo stesso tempo, il Parlamento ha imposto misure di riduzione dei costi d’esercizio.
La seconda sfida è l’attuale elevata eccedenza degli impegni assunti rispetto alle risorse finanziarie stanziate. Secondo l’attuale pianificazione finanziaria, i nuovi importanti acquisti supplementari potranno essere pagati solo a partire dal 2028.
La terza sfida è il fabbisogno finanziario per il completo equipaggiamento dell’attuale esercito. Si tratta di circa 40 miliardi di franchi per il materiale e di 10 miliardi per le munizioni e i pezzi di ricambio. Questo importo non è una novità. Se ne parlava già poco dopo l’introduzione di Esercito XXI, quando si discuteva di quello che allora veniva chiamato «potenziamento», cioè il passaggio dal mantenimento delle competenze alla capacità di difesa.
Le pianificazioni interne all’esercito indicano una necessità immediata di 13 miliardi per ripristinare una capacità minima di difesa. Questi calcoli risalgono al 2023, ma nel frattempo la domanda internazionale, il rincaro e i termini di consegna sono aumentati in modo massiccio. Le munizioni anticarro sono quindi passate dai 1200 dollari a granata prima della guerra ai 7400 attuali.
Lacune nelle capacità di difesa contro le minacce provenienti dallo spazio aereo
Oltre ai sistemi obsoleti e mancanti, sussistono gravi vulnerabilità in alcuni settori di capacità: attualmente la Svizzera non dispone ancora di alcuna difesa contro i missili balistici, i missili da crociera e i droni. Questi tipi di minaccia sono aumentati considerevolmente negli ultimi anni. In Medio Oriente e in Ucraina, gli attacchi alla popolazione con armi stand-off, «a distanza», fanno parte della quotidianità della guerra.
Solo con l’introduzione del nuovo sistema di difesa aerea a partire dal 2028, composto dal nuovo aereo da combattimento F-35, dal sistema di difesa terra-aria a lunga gittata «Patriot» e dal sistema di difesa terra-aria a media gittata «IRIS-T», la nostra popolazione e le nostre infrastrutture potranno essere protette in modo efficace dalle minacce provenienti dallo spazio aereo. Anche i sistemi di difesa contro i droni più grandi e i missili da crociera a bassa quota non saranno disponibili prima dell’inizio degli anni 2030.
La perdita delle Forze terresti è stata scongiurata per poco
Attualmente molti eserciti europei, tra cui quelli di Germania, Polonia, Svezia, Italia, Ungheria e Regno Unito, stanno valutando e acquistando nuovi mezzi pesanti, in particolare carri armati da combattimento. Le Forze terrestri sono ancora l’unico e spesso l’ultimo mezzo a disposizione per prendere decisioni militari in qualità di difensori. Se parti del territorio svizzero venissero occupate, solo le Forze terrestri potrebbero riconquistarle.
Già nel rapporto «Il futuro delle truppe terrestri» del 2019 l’esercito aveva sottolineato che molti dei sistemi di terra giungeranno al termine del loro ciclo di vita entro il 2030. Senza un progetto di sostituzione tempestivo, si creeranno lacune in termini di capacità, rendendo così le Forze terrestri, in quanto sistema complessivo, non più operative. Con il messaggio sull’esercito 2024, il Consiglio federale e il Parlamento hanno definito la decisione di principio per lo sviluppo dell’esercito nei prossimi anni.
Grazie alla decisione di colmare in una prima fase le lacune più gravi dell’esercito a terra, nello spazio aereo e nel ciberspazio, nel programma d’armamento 2025 è stato possibile inserire acquisti volti a rinnovare l’artiglieria e a mantenere almeno in parte il carro armato da combattimento 87 fino al 2030. A quel punto sarà anche più chiaro quali opzioni ci saranno in futuro per ottenere nuovi sistemi.
Siamo di fronte a una svolta epocale
Da un ordine basato su regole a un mondo multipolare
Già nel Rapporto sulla politica estera del 2021, il DFAE parla di una svolta epocale. Il rapporto è stato pubblicato il 2 febbraio 2022, tre settimane prima dell’attacco della Russia all’Ucraina in violazione del diritto internazionale e prima che il cancelliere Scholz tenesse il suo celebre discorso sulla «svolta epocale». Il DFAE ha usato questo termine osservando che sempre più Paesi mettono in discussione l’attuale ordine di sicurezza basato su regole e aspirano a un nuovo ordine, ovvero a un ordine mondiale multipolare. A un mondo in cui le grandi potenze stabiliscono le regole tra loro.
Questi Paesi sono guidati dalla Cina, che pur rispettando la Carta dell’ONU, sostiene che nell’attuale ordine basato su regole solo un Paese, ovvero gli Stati Uniti, le stabilisce senza però rispettarle. La Cina sta cercando di trascinare il Sud del mondo dalla sua parte con organizzazioni come i BRICS+ e l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai.
La guerra in Ucraina come campanello d’allarme per la sicurezza dell’Europa
Facendo un paragone geopolitico, si può affermare che se la Cina è il clima, la Russia è il tempo, o almeno una potente tempesta. La guerra della Russia contro l’Ucraina rappresenta un punto di svolta e ha peggiorato notevolmente la situazione in materia di sicurezza in Europa. In linea con il suo mandato, l’esercito deve adeguarsi alla minaccia. La minaccia è il prodotto del potenziale militare e dell’intenzione di impiegarlo contro di noi.
Il potenziale militare può essere osservato e richiede anni per essere sviluppato. Le intenzioni, invece, come dimostra anche la storia recente, possono cambiare rapidamente. Il potenziale militare nell’area circostante la Svizzera è aumentato e continua a crescere incessantemente. Diversi servizi informazioni europei, analisti e persino ministri della difesa esprimono la preoccupazione che il conflitto con la Russia possa subire un’ulteriore escalation. Spesso si parla di un’escalation a partire dal 2028.
La rivoluzione tecnologica militare e le sue conseguenze
Secondo il generale Mark Milley, ex capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti (Joint Chiefs of Staff), al momento stiamo assistendo alla più grande rivoluzione della tecnologia militare mai vista prima. Una rivoluzione guidata dai droni, dalla robotica, dall’uso dell’intelligenza artificiale e dalla digitalizzazione del campo di battaglia. Il campo di battaglia è diventato per così dire trasparente e l’effetto cinetico può essere ottenuto in modo più ampio, rapido e preciso. Ciò che si vede può essere colpito. E si può vedere tutto. Le nuove tecnologie non sostituiscono quelle esistenti, ma al contrario le rendono ancora più pericolose. L’impiego di droni e di forze meccanizzate non è un «aut aut», una scelta tra carri armati da combattimento o droni, ma la somma delle due opzioni.
I cicli di innovazione sono diventati più brevi e in Ucraina hanno una durata che va dalle otto alle dodici settimane, contrariamente ai cicli di acquisto tradizionali in Svizzera che vanno dai sette ai dodici anni. Oggigiorno la tecnologia, l’agilità e l’innovazione determinano il successo sul campo di battaglia tanto quanto la superiorità di fuoco, il movimento e la logistica.
I droni stanno cambiando il carattere della guerra
Mentre l’importanza dei droni armati era già emersa durante la guerra nel Nagorno-Karabakh, in Siria e all’inizio della guerra in Ucraina, i droni «off-the-shelf», comunemente disponibili in commercio, rappresentano la vera rivoluzione. È in corso una vera e propria guerra tecnologica per lo sviluppo e la difesa dai droni.
L’influenza sull’andamento della guerra è considerevole. I droni hanno bloccato l’offensiva estiva dell’Ucraina nel 2023 e hanno portato al ritiro dal Kursk. Al giorno d’oggi i droni trasformano una striscia di 15 km su entrambi i lati della linea del fronte in una zona di morte.
Ma anche nelle profondità del territorio i droni possono distruggere i dispiegamenti e impedire le azioni operative. In particolare, l’ultima generazione di droni, controllati tramite cavi in fibra ottica, è difficilmente contrastabile. Di conseguenza, le forze proprie e le installazioni di condotta devono essere più piccole, distribuite, ben mimetizzate e sempre in movimento.
Anche una guerra ibrida è una guerra
Non esiste una definizione inequivocabile del termine «guerra ibrida». E forse è proprio questo il pericolo. Il concetto di natura ibrida non deve infatti occultare il fatto che le intenzioni che vi stanno dietro sono le stesse di una guerra convenzionale: anche in una guerra ibrida si tratta di far valere i propri interessi contro un altro Stato. O, per usare le parole del generale e teorico militare prussiano Carl von Clausewitz, di «imporgli la propria volontà».
Già oggi l’Europa, e con essa la Svizzera, è bersaglio di operazioni mirate di disinformazione e d’influenza. Secondo il direttore del Servizio delle attività informative della Confederazione, ci troviamo già in una guerra ibrida. I ciberattacchi colpiscono su larga scala il settore economico e persino le infrastrutture critiche. Mentre i cosiddetti ciberattacchi «ransomware» sono ormai noti, lo stesso non si può dire dello spionaggio e della preparazione di atti di sabotaggio.
In Europa sono stati accertati numerosi casi di sabotaggio con il coinvolgimento della Russia. Quando la Bielorussia aveva abbandonato un gran numero di profughi siriani al confine con la Polonia, l’UE aveva già iniziato a parlare di guerra ibrida. In una prima fase, l’obiettivo dell’aggressore è quello di rimanere al di sotto della soglia bellica; ciò non deve indurre i difensori a sottovalutarne la pericolosità. Dopo tutto, un conflitto ibrido può sfociare in qualsiasi momento in una guerra convenzionale.
Dimostrare in modo credibile che siamo pronti a difendere la sovranità della Svizzera
Un’Europa divisa e destabilizzata rappresenta il possibile sviluppo della situazione determinante per la Svizzera. Anche se oggi sembra improbabile un coinvolgimento diretto della Svizzera in un conflitto, una cosa è certa: siamo di fronte a una svolta epocale. Il mondo non sarà più quello che abbiamo conosciuto finora. Dobbiamo essere in grado di dimostrare in modo credibile che siamo pronti a difendere la nostra sovranità sul suolo, nello spazio aereo e nel ciberspazio.
La popolazione non capirebbe perché uno scenario del genere non sia stato riconosciuto per tempo e non siano state prese le dovute precauzioni. Infatti l’esercito costituisce l’ultima riserva di sicurezza della Svizzera.
Il cammino verso una capacità di difesa tempestiva
Sono necessari sia obiettivi per il 2040 sia misure immediate
L’attuale organizzazione dell’esercito risale originariamente a Esercito XXI del 2004 ed è stata adeguata con l’ulteriore sviluppo dell’esercito nel 2018. Nei prossimi due anni l’esercito elaborerà dei nuovi obiettivi. Gli Obiettivi 2040 definiranno le grandi linee guida dello sviluppo in materia di dottrina, organizzazione, istruzione, materiale e personale. In particolare, dovranno tenere conto degli sviluppi tecnologici.
L’attuazione avverrà in modo adattivo e graduale. Allo stesso tempo, come misura immediata, l’esercito attuale deve essere equipaggiato per la difesa. Ci tengo a sottolineare: equipaggiato. È irresponsabile che per l’adempimento del compito di difesa svolto dell’esercito non sia possibile equipaggiare e rifornire di munizioni due terzi dei militari di milizia. Inoltre, questa misura immediata non deve pregiudicare la decisione sul futuro orientamento dell’esercito.
Ulteriore sviluppo adattativo perché l’urgenza non consente di attuare grandi riforme
A ogni riforma dell’esercito dal 1995, l’esercito è stato ridimensionato e le sue capacità ridotte. Si è partiti dall’esercito esistente, si è passati alla definizione di come avrebbe dovuto essere il prossimo esercito, più piccolo, e si è proceduti al trasferimento degli elementi necessari e alla dismissione degli altri.
La sfida attuale è un’altra: sulla base di un fabbisogno di investimenti di circa 40 miliardi e di investimenti annuali di due o tre miliardi, non è possibile realizzare una riforma entro un termine prestabilito. Lo sviluppo dell’esercito per la difesa richiederà anni, se non alcuni decenni, e deve quindi avere luogo in modo graduale. Lo stesso vale per la tecnologia militare. Il cambiamento tecnologico esponenziale richiede un’introduzione graduale nella truppa.
L’esercito ha già dimostrato di essere in grado di svilupparsi gradualmente e senza grandi riforme, sia con l’introduzione del Comando Ciber il 1° gennaio 2024, sia con la riorganizzazione delle Forze aeree dal 1° gennaio 2026. In futuro, l’esercito dovrà adeguarsi alle sfide tecnologiche in modo adattivo e graduale e le strutture dovranno essere modificate.
Innovazione e tecnologia determinano il successo sul campo di battaglia
L’innovazione non è qualcosa che viene sviluppato negli stati maggiori o nei laboratori di ricerca, ma deve avvenire sempre e ovunque. In particolare, l’innovazione deve avvenire all’aperto, presso la truppa. Con oltre 140 000 potenziali innovatori, l’esercito di milizia è il più grande think tank della Svizzera. L’innovazione, infatti, si differenzia da un’idea in quanto genera benefici per la truppa.
Oltre agli acquisti tradizionali, è necessario creare uno spazio finanziario per l’innovazione. Le condizioni quadro per la collaborazione con le start-up devono essere semplificate, poiché si tratta dell’unico modo per tenere il passo con gli sviluppi tecnologici esponenziali. Solo così l’innovazione può portare benefici sul campo di battaglia. Su incarico dell’Esercito svizzero, armasuisse sta attualmente guidando la task force sui droni con l’obiettivo di sviluppare un sistema di droni d’attacco per la Svizzera.
I vantaggi sono evidenti: la Svizzera è leader nella tecnologia dei droni, i droni hanno costi di produzione contenuti e sono precisi. Questi sono fattori decisivi per l’esercito come difensore del proprio territorio.
L’F-35 cambia le carte in tavola a nostro favore
La valutazione triennale di un nuovo aereo da combattimento per la Svizzera ha portato a un chiaro vincitore sia in termini di adempimento dei requisiti che di prezzo: l’F-35. Non rimaneva quindi che un’unica opzione per la decisione sul modello. Sebbene i requisiti fossero stati originariamente formulati per un aereo da combattimento di quarta generazione, l’F-35, un velivolo di quinta generazione, ha ottenuto un netto vantaggio nella valutazione. Le sue caratteristiche stealth (sezione radar notevolmente ridotta) gli conferiscono un vantaggio decisivo nel combattimento aereo. Le simulazioni hanno dimostrato un rapporto di superiorità di 20:1 rispetto agli aerei da combattimento di quarta generazione.
La portata e la precisione dei suoi sensori consentono di combattere bersagli a grande distanza e anche al di fuori del campo visivo. Grazie alla fusione di diversi sensori, l’F-35 diventa di fatto un sistema volante di preallarme e acquisizione di informazioni, un mini AWACS. Questo acronimo sta per Airborne Warning and Control System, in italiano sistema aviotrasportato di allarme e controllo. Inoltre, il suo quadro completo della situazione aerea fornisce una base per il rilevamento tempestivo e la difesa da missili da crociera e droni.
Lo sviluppo dell’F-35 è un progetto internazionale che vede la partecipazione di otto Paesi partner, tra cui l’Italia, i Paesi Bassi e il Regno Unito. Con oltre 800 velivoli pianificati, l’F-35 sarà l’aereo da combattimento più diffuso in Europa. La produzione avverrà negli Stati Uniti, in Italia e in Giappone. Oltre agli otto aerei prodotti negli Stati Uniti, anche la Svizzera acquisterà 28 aeromobili di produzione europea.
Il volume d’acquisto svizzero comprende la logistica necessaria per garantire l’esercizio autonomo della flotta per almeno sei mesi, anche in caso di chiusura delle frontiere. Nel corso della valutazione e dello scambio con le forze aeree europee è stato inoltre confermato che non è presente nessun cosiddetto «kill switch» (si veda la rettifica «Schweiz kann F-35A und das Patriot-System eigenständig einsetzen» [La Svizzera può impiegare l’F-35A e il sistema Patriot in modo autonomo] del DDPS del 7 marzo 2025).
Il fabbisogno di infrastrutture e immobili è aumentato
Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, il Comando dell’esercito ha bloccato la vendita e lo smantellamento delle infrastrutture di combattimento e di condotta. Tali impianti sono indispensabili non solo per la condotta del combattimento, la logistica e l’aiuto alla condotta, ma soprattutto per l’istruzione e la sistemazione della truppa. Durante le scuole reclute, gli immobili dell’esercito sono utilizzati al massimo della loro capacità. Ogni chiusura di un’ubicazione comporterebbe costosi investimenti sostitutivi per milioni di franchi, soldi che sono invece urgentemente necessari per rafforzare la capacità di difesa.
Da tempo non esistono più immobili di grande valore in posizioni centrali che potrebbero essere messi in vendita. Al contrario, negli ultimi anni la manutenzione di molti impianti è stata trascurata, causando un ritardo nei lavori di risanamento per centinaia di milioni di franchi.
Nessun successo nella difesa senza una logistica d’impiego
Con l’introduzione di Esercito XXI, l’allora logistica di guerra esistente è stata abbandonata ed è stata sostituita da un sistema, basato sui principi della gestione aziendale, composto da cinque centri logistici dell’esercito, ciascuno con un deposito a scaffalature verticali. Da allora, la Base logistica dell’esercito (BLEs) è sempre riuscita a fornire tempestivamente il materiale, sempre più scarso e prossimo all’obsolescenza, alle scuole e ai corsi. Le strutture e i processi sono stati ottimizzati di conseguenza. Allo stesso tempo, sono stati sviluppati e messi in pratica concetti di mobilitazione nell’ambito dell’ulteriore sviluppo dell’esercito.
Ciò che manca oggi, tuttavia, è una logistica d’impiego: mezzi di trasporto protetti e truppe che portano munizioni e rifornimenti dai depositi sotterranei alle truppe combattenti, nonché i necessari sistemi informativi e logistici critici per l’impiego. La BLEs sta attualmente elaborando il relativo concetto, che dovrebbe essere disponibile entro la fine dell’anno.
La nuova piattaforma di digitalizzazione è il presupposto per il successo del combattimento
Il processo fondamentale di ogni forza armata è il cosiddetto «sensor-to-shooter-loop». Si tratta di acquisire informazioni dal maggior numero possibile di ambiti, in particolare aria, terra e ciber, elaborarle in un quadro della situazione e infine ottenere il proprio effetto in modo rapido e preciso. Nel combattimento vale la regola «kill or be killed» ovvero vince chi è più veloce. Questo è possibile soltanto ancora con la digitalizzazione.
La Svizzera ha il vantaggio di combattere come difensore nel proprio territorio. Sfruttiamo questo vantaggio anche nello spazio digitale. I due centri di calcolo interamente protetti, gli altri centri di calcolo sparsi sul territorio e la Rete di condotta Svizzera forniscono un’infrastruttura delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione altamente sicura e robusta.
Le truppe impiegano i loro sistemi informatici e di comunicazione su questa base. L’insieme di questi elementi costituisce la nuova piattaforma di digitalizzazione, in breve NPD, che entrerà in funzione a luglio 2026. Le prime applicazioni critiche per gli impieghi sono attualmente già installate e operative. Il progetto procede come previsto.
La cooperazione internazionale rafforza la capacità di difesa autonoma
Lo scambio con altri eserciti è essenziale e rafforza direttamente la capacità di difesa del nostro esercito. In primo luogo, si tratta del trasferimento di conoscenze. Anche con un budget molto più elevato, l’esercito non sarebbe in grado di elaborare tutto da solo in tempo utile. L’esercito e armasuisse hanno l’obbligo da parte della politica e del Controllo federale delle finanze di procurarsi soluzioni standard e di non procedere a «elvetizzazioni».
Nella tecnologia militare gli standard NATO sono ciò che nell’industria è lo «standard ISO». Anche gli acquisti europei, che si tratti di velivoli, difesa aerea o sistemi d’informazione e di condotta, rispettano questi standard militari. D’altro canto, questa è anche un’opportunità: attraverso gli scambi con i nostri partner si possono acquisire preziose conoscenze, ottimizzare le introduzioni ed evitare gli errori.
In secondo luogo, si tratta di opportunità di formazione. L’allenamento delle truppe di terra su piazze d’esercitazione all’estero serve ad acquisire un’esperienza che non sarebbe possibile ottenere in Svizzera. Ciò che vale da tempo per le Forze aeree o le forze speciali vale a maggior ragione per l’esercito e la fanteria. La Svizzera non dispone di piazze d’esercizio per il combattimento in zone urbane. Non disponiamo nemmeno di piazze d’esercizio per le truppe meccanizzate. L’esercitazione «TRIAS 25» ad Allentsteig, in Austria, ne ha chiaramente dimostrato l’utilità.
In terzo e ultimo luogo, si tratta anche di creare delle opzioni per il Consiglio federale in caso di conflitto. Se la Svizzera viene attaccata, gli obblighi legati alla neutralità vengono meno e il Consiglio federale può scegliere di cooperare con altri Paesi. La cooperazione tra gli eserciti richiede «interoperabilità», ossia un’armonizzazione dei processi, delle strutture, degli standard e persino dei sistemi. La costruzione dell’interoperabilità richiede anni. Per questo motivo adottiamo standard, acquistiamo sistemi standard e, se necessario, adattiamo i nostri processi e le nostre strutture.
Dissuasione: un vecchio concetto dalla nuova attualità
Il concetto di dissuasione era profondamente radicato nella politica di sicurezza svizzera durante la Guerra Fredda. Con esso si intende la volontà di dissuadere un potenziale avversario dal compiere azioni contro la Svizzera dimostrando in modo credibile la propria prontezza alla difesa. Essere in grado di combattere per non dover combattere.
L’estero era consapevole della nostra capacità di mobilitare l’esercito in pochi giorni. Tutti sapevano che ogni militare svizzero conservava a casa l’equipaggiamento, il fucile d’assalto e persino le munizioni. Questo per potersi proteggere durante il viaggio verso la piazza di mobilitazione, ma anche come segno di fiducia delle autorità politiche nei confronti della nostra componente di milizia. I Paesi stranieri erano a conoscenza non solo della coesione e della resilienza della popolazione, ma anche dell’equipaggiamento capillare e dell’infrastruttura di combattimento e di condotta sotterranea.
Dissuasione significa riflettere sui nostri punti di forza
Molti dei punti di forza che l’esercito aveva in passato sono ancora presenti oggi o possono essere ripristinati o ricostruiti con uno sforzo accettabile. Dobbiamo riflettere sui nostri punti di forza e costruire partendo da essi. Questa è la dissuasione, anche al giorno d’oggi.
Disponiamo ancora del sistema di milizia. Attualmente con un effettivo regolamentare di 100 000 militari, che, stando ai sondaggi, sono di nuovo consapevoli della necessità e dell’importanza del loro servizio. Circa 1000 di essi si sono offerti volontari per un allenamento all’estero durante il periodo pasquale: questa è la prova concreta.
Il sistema di mobilitazione e di prontezza consente di impiegare le prime forze in poche ore e di chiamare in servizio ed equipaggiare 35 000 soldati in dieci giorni. E ogni militare continua a conservare l’equipaggiamento e l’arma a casa propria.
Numerose infrastrutture protette di combattimento e di condotta sono a tutt’oggi funzionanti e si basano su una configurazione geografica propizia, che conferisce al difensore un vantaggio anche e soprattutto con le nuove forme di condotta della guerra.
Esercitazioni presso la truppa quali LUX 23, PILUM 24, TRIAS 25 o le esercitazioni svolte in seno ai battaglioni dimostrano che la competenza di difesa è tuttora presente. È importante poter disporre di questi punti di forza, tanto quanto darne dimostrazione verso l’esterno. Solo così possono esercitare un effetto dissuasivo. La dissuasione comporta anche una componente di deterrenza. Un potenziale avversario deve sapere che anche lui subirà perdite se intraprende azioni contro la Svizzera. Con gli F-35, l’artiglieria missilistica che si pianifica di acquistare, le forze speciali e il settore ciber, l’esercito disporrà di mezzi di deterrenza.
In questo momento l’esercito ha bisogno soprattutto di certezze
Chiaro impegno a favore della difesa
Il rafforzamento delle capacità di difesa postulato nel 2022 nel rapporto complementare al rapporto sulla politica di sicurezza 2021 comporta un aumento delle competenze, ma non ancora un orientamento coerente alla difesa. Anche il rapporto del Consiglio federale in adempimento del postulato della Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati (23.3000) rimane vago riguardo alle conseguenze.
Alla luce dell’attuale deterioramento della situazione della sicurezza, sarebbe ora urgentemente necessario parlare in modo chiaro e definire il ripristino della capacità di difesa come compito principale. La risposta del Consiglio federale all’interpellanza Theiler (25.3415) è un primo passo importante in questa direzione.
La sicurezza e la difesa devono essere considerate in modo globale
Si possono avere opinioni diverse sul fatto che il termine «difesa integrata» sia ancora appropriato al giorno d’oggi. Il contenuto, invece, è più attuale che mai. Nella fase ibrida di un conflitto, occorre dimostrare alla parte avversaria, attraverso la resilienza e la capacità di resistenza, che le azioni contro la Svizzera mancheranno il bersaglio. Tutti gli strumenti di politica di sicurezza e tutte le misure a livello federale, cantonale e comunale devono essere orientati in tal senso.
Dopo tutto l’esercito costituisce l’ultima riserva. Dopo di esso non c’è nulla. Le prestazioni necessarie dell’esercito devono essere inserite in una strategia di sicurezza e difesa globale, anche nell’ottica dell’allenamento della cooperazione con tutti i partner nella Rete integrata Svizzera per la sicurezza.
L’esercito ha un piano, ma manca la sicurezza a livello di pianificazione
Già nel «libro nero», l’esercito aveva presentato piani concreti e realizzabili, secondo i quali un primo passo minimo per equipaggiare l’esercito odierno a fini della difesa costerebbe circa 13 miliardi di franchi. L’aumento del budget dell’esercito all’uno per cento del PIL entro il 2032 è stato deciso dal Parlamento, ma la sua attuazione rimane incerta e l’esercito ha bisogno di sicurezza a livello di pianificazione.
A mancare non sono solo i soldi, ma soprattutto il tempo
La competenza legale per l’orientamento, l’organizzazione e il finanziamento dell’esercito spetta al Consiglio federale e al Parlamento. Anche la responsabilità di valutare i rischi e le minacce per la Svizzera spetta alle autorità politiche. L’esercito, invece, dispone di specialisti in grado di indicare quali mezzi militari sono necessari per contrastarle.
L’esercito conosce fin troppo bene i propri punti di forza e le proprie debolezze e mostra la progressiva necessità di risorse necessarie per rendere l’attuale esercito un esercito di difesa. Questo obiettivo può essere raggiunto più rapidamente con più fondi, ma richiederà più tempo con un numero ridotto di risorse. Secondo l’attuale pianificazione, la prima fase del rafforzamento della capacità di difesa per un valore di circa 13 miliardi di franchi sarà attuata non prima della prima metà degli anni 2030. Alla luce degli attuali sviluppi geopolitici, potrebbe essere troppo tardi.
È necessario un nuovo sistema dell’obbligo di prestare servizio
Si parla molto dei sistemi, dei progetti e delle finanze dell’esercito. Tuttavia, l’aspetto più importante resta la persona. Il nostro sistema di milizia è unico al mondo. I nostri militari sono cittadine e cittadini svizzeri che prestano un servizio particolare per garantire la sicurezza di noi tutti. In caso di evento reale anche sacrificando la propria vita.
Molti Paesi ci invidiano questo sistema e noi dobbiamo averne cura. Attualmente l’effettivo reale ammonta a 147 000 militari e supera pertanto i 140 000 previsti dalla legge. Tuttavia, già alla fine di questo decennio, al termine della soluzione transitoria, l’effettivo reale scenderà a circa 125 000 militari.
Già oggi, in molte unità, gli effettivi nei corsi di ripetizione rappresentano soltanto il 50-70 per cento. Rispetto all’effettivo regolamentare, il numero delle persone soggette all’obbligo militare reclutate ogni anno è sufficiente, ma troppe passano al servizio civile dopo la scuola reclute. A breve e medio termine è quindi necessario un nuovo sistema dell’obbligo di prestare servizio per poter mantenere il nostro sistema di milizia.
Conclusione
La situazione in materia di politica di sicurezza a livello mondiale e in Europa è cambiata radicalmente. Ora dobbiamo essere in grado di dimostrare in modo credibile che siamo disposti a difendere la nostra sovranità sul suolo, nello spazio aereo e nel ciberspazio. Sapersi difendere per non doversi difendere.
Negli ultimi decenni, l’esercito ha dimostrato di essere in grado di adempiere i propri compiti nonostante le difficoltà finanziarie e materiali. Le basi per il potenziamento sono presenti. Tuttavia, l’attuazione richiede non solo un chiaro impegno per la capacità di difesa, ma anche la sicurezza a livello di pianificazione in termini di materiale, personale e cooperazione internazionale. Il tempo stringe.




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