Anche se le risorse impiegate dell'esercito diminuiscono, la necessità d'assistenza aumenta
Stefan Junger, Roman Spinnler e Diego Kesseli dirigono a Thun i tre servizi d'assistenza dell'Esercito svizzero, vale a dire l'Assistenza spirituale dell'esercito, il Servizio psicopedagogico dell’esercito e il Servizio sociale dell'esercito. Siccome il servizio d'appoggio a favore delle autorità civili nel quadro della lotta al coronavirus dura ormai da diverse settimane, gli specialisti dei tre servizi sono molto sollecitati ad esempio per risolvere problemi esistenziali o tenere colloqui individuali e fornire così supporto ai militari in servizio.
12.05.2020 | Comunicazione Difesa, Gaby Zimmer

La prima mobilitazione dell'Esercito svizzero dalla Seconda guerra mondiale ha scombinato la vita di molte persone. Dalla metà di marzo, in varie tappe, circa 5000 militari (mil) sono stati allontanati rapidamente e senza grande preavviso dal proprio contesto privato per indossare l'uniforme e appoggiare, su richiesta dei Canton, il sistema sanitario civile e il Corpo delle guardie di confine. I congedi annullati per diverse settimane e l'eventualità di un prolungamento dell'impiego fino alla fine di giugno hanno messo ulteriormente alla prova i mil impiegati, anche se molti di loro sul piano professionale sono toccati dal lavoro ridotto e dimostrano grande motivazione grazie all'evidente utilità dell'impiego.
L'esercito aiuta quando l'uniforme chiama
I tre servizi d'assistenza, vale a dire l'Assistenza spirituale dell'esercito, il Servizio psicopedagogico dell’esercito e il Servizio sociale dell'esercito, dispongono ognuno di una manciata di specialisti di professione come pure di militari di milizia che sono stati chiamati in servizio d'appoggio. Quali sono i problemi principali?
«I problemi sono variegati e individuali. Dalla consulenza giuridica perché il datore di lavoro minaccia il licenziamento fino alla consulenza finanziaria in quanto i costi fissi per le rate mensili sfuggono di mano, senza dimenticare compiti d'assistenza a favore di bambini piccoli o animali domestici», spiega Diego Kesseli, capo Servizio sociale dell'esercito, descrivendo i numerosi compiti attuali. Roman Spinnler, capo Servizio psicopedagogico dell'esercito, aggiunge: «Il lavoro nei reparti di cure intense, nelle case per anziani o nei servizi di soccorso risulta gravoso per alcuni mil che provengono da altri contesti professionali. Affinché non rimangano traumi persistenti, alcune persone necessitano di un'assistenza più intensa. Noi auspichiamo soprattutto che i superiori siano in grado di riconoscere tempestivamente le emergenze e richiedere per tempo il supporto degli specialisti». Stefan Junger, capo Assistenza spirituale dell'esercito, considera un aspetto positivo del suo servizio: «I cappellani militari sono integrati nei corpi di truppa e quindi sono dei camerati conosciuti e fidati. Un cappellano percepisce immediatamente e in modo diretto quando qualcuno ha bisogno di supporto. Spesso già solo una chiacchierata personale dopo il lavoro aiuta molto».
Assistenza anche oltre l'impiego
L'esercito è tenuto a proteggere i propri cittadini in uniforme da eventuali problemi privati che dovessero emergere a causa dell'adempimento dell'obbligo di prestare servizio. I militari possono richiedere l'aiuto di cui hanno bisogno, in modo individuale, diretto e confidenziale.
A seguito della durata insolitamente lunga del servizio d'appoggio, i tre capi partono dal presupposto che con i licenziamenti dal servizio la necessità di assistenza non diminuirà, bensì aumenterà. Roman Spinnler si rifà alle esperienze acquisite con gli impieghi di promovimento della pace: «Innanzitutto bisogna adattarsi alla nuova situazione, poi si formano delle comunità. Uscire da queste ultime e tornare alla normale quotidianità può non essere semplice, tanto più che a causa del coronavirus la quotidianità non sarà più la stessa rispetto a quanto vissuto prima del servizio».
Per il proseguimento dell'assistenza, i tre capi si affidano da un canto agli esperti quadri e specialisti sul posto, d'altro canto valutano la situazione personale con un questionario. Ogni militare licenziato dal servizio d'appoggio comunica in forma scritta come si sente e può eventualmente chiedere l'aiuto di specialisti. «Non possiamo risolvere tutti i problemi privati, ma con i nostri specialisti sfruttiamo il periodo di servizio per sviluppare insieme ai mil dei piani che consentano di risolvere il problema in maniera duratura», sottolineano Roman Spinnler e Diego Kesseli. Secondo Stefan Junger, il contatto tra i suoi cappellani e i camerati sul posto funziona bene: «Alcune amicizie proseguono anche senza l'uniforme, nonostante il fatto che il nostro compito è chiaramente limitato al periodo di servizio». In conclusione, i tre capi sono concordi: le esperienze acquisite durante questo servizio d'appoggio offrono numerose opportunità di consolidare ulteriormente la collaborazione e le prestazioni a favore dei soldati e dei quadri.
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